15

Set

SONNO DEL BAMBINO

A cura di Laura Carta,

esperta in babywearing, pannolini lavabili, sonno del bambino

Una delle prime domande che i neo-genitori ricevono da parenti, amici o semplici conoscenti è “ti dorme?”; questa domanda apparentemente così banale, posta sicuramente con la buona intenzione e un misto di preoccupazione per la coppia, nasconde in realtà una serie di pregiudizi intrinsechi duri a morire.

Sembra quasi che il bambino che dorme sia un “bravo bambino” mentre quello che si sveglia disturbando il sonno dei genitori non lo sia e che vada in qualche modo corretta questa sua predisposizione.

In realtà un neonato nel primo mese di vita dorme anche 18 ore al giorno, però lo fa nel modo ciclico e discontinuo previsto dalla norma biologica.

Ciò a cui pochi genitori sono preparati è che il sonno nei primi 3 anni di vita subisce notevoli cambiamenti, questo significa che non appena sembrerà che il bimbo abbia in qualche modo acquisito un ritmo, esso cambierà nuovamente.

Il segreto per approcciarsi positivamente al sonno del bambino è conoscere le sue fasi e vivere questo periodo senza aspettative, avendo ben chiaro il presupposto per cui un bambino non si sveglia di notte per “farci un dispetto” bensì perché il genitore è la persona grazie al quale lui potrà tornare a riaddormentarsi; sarebbe prematuro aspettarsi una tale autonomia da un bebè prima dei 12 (a volte 24) mesi.

Perché il sonno del bambino cambia così frequentemente?

Innanzitutto è bene specificare che i cambiamenti nel sonno dei bambini sono legati alle varie fasi di sviluppo motorio, cognitivo ed emotivo. Quando il bebè vive un momento “sensibile” del suo sviluppo (i famosi scatti di crescita), è prevedibile che il suo sonno e/o altri aspetti legati alla sua normalità possano variare. A volte si svegliano più spesso del solito, a volte richiedono più o meno latte, altre volte sembrano più difficili da consolare; tutto questo può portare frustrazione nei genitori, che si chiederanno il motivo di questo comportamento, e quando proveranno a sfogarsi con qualcuno in cerca di una parola gentile probabilmente si sentiranno accusati di “darla vinta” troppo spesso. In verità i genitori, da veri esperti dei loro bambini, sono programmati per rispondere prontamente alle manifestazioni di bisogno e non fanno mancare nulla in termini di cibo o coccole.

Eppure dovrebbe essere molto comune sentire di bambini che faticano ad addormentarsi, che si svegliano frequentemente, che si siedono o gattonano da addormentati, che si addormentano in braccio ma si svegliano non appena toccano la superficie del lettino. Tutte queste dinamiche – assolutamente normali e fisiologiche – sono legate alla maturazione del sonno nell’ambito dello sviluppo psicomotorio del bambino e delle relazioni con le persone che lo accudiscono.

Il sonno cambia a partire dalla gravidanza

Il sonno del neonato e quello della madre sono sincronizzati già dalla gravidanza. Nelle settimane che precedono il parto sono ben differenziati gli stati di “sonno attivo” (sonno REM) e di “sonno quieto”, in cui si verificano processi molto importanti per lo sviluppo, come la maturazione degli organi, la secrezione ormonale, la rielaborazione delle esperienze della veglia.

Alla nascita il ciclo di sonno di un neonato dura 50-60 minuti e i risvegli sono dunque più frequenti ma i suoi riposini non sono ad orari prevedibili perché fortemente influenzati dalla necessità di nutrirsi.
Già attorno alle 6/8 settimane di vita c’è un aumento del periodo di sonno notturno.

La prima sleep regression: 4 mesi

I 4 mesi segnano un vero e proprio “giro di boa” perché il bambino può sincronizzare i suoi ritmi con quelli dell’ambiente esterno: inizia la produzione naturale di melatonina grazie alla maturazione della ghiandola pineale, il suo sistema riconosce la differenza tra luce e buio, inizia ad avvertire e gradire una sorta di ciclicità e ritmicità.
I cambiamenti dunque sono moltissimi e sono positivi perché il bimbo torna a sintonizzarsi in un ritmo sonno/veglia di 24 ore.

Per chi lo desidera, è possibile iniziare ad inserire delle routine già a partire dai 4 mesi.
Le routine non devono essere proposte con l’aspettativa di far dormire più a lungo il bebè per gratificare l’impegno genitoriale, bensì per gettare le basi della futura autonomia. Un bambino deve sviluppare la capacità di prevedere ciò che accadrà e per farlo ha la necessità che i genitori si fidino di lui e lo guidino in questa scoperta: non si tratta quindi di lasciarlo solo bensì di accompagnarlo a vivere le fasi del suo sviluppo, compresa quella della separazione dall’adulto e dal mondo esterno.

L’avvio dello svezzamento: 7 mesi

Spesso i genitori chiedono se è normale che il proprio bimbo, addormentato in braccio dopo innumerevoli fatiche fisiche ed emotive, si svegli piangendo poco dopo essere stato appoggiato nel suo lettino. Questo è un esempio emblematico che dimostra come i bambini che si svegliano in condizioni diverse rispetto alle quali sono stati addormentati protestano e chiederanno nuovamente la presenza del genitore per tornare alla piacevole fase iniziale.

Non vi è nulla di sbagliato nell’addormentare in braccio il proprio bambino, nell’offrire contatto e sicurezza tramite il pelle a pelle, però è bene sapere se il sistema “di controllo” del bambino è attento a riconoscere eventuali situazioni di pericolo, pertanto la transizione dal braccio al lettino dev’essere fatta o quando il bimbo è ancora vigile, per portarlo ad addormentarsi già steso nel lettino con noi accanto, oppure quando siamo sicuri al 100% che è arrivato nella fase del sonno profondo.

Attorno ai 6/7 mesi ci sono altre importanti conquiste come l’introduzione ai cibi solidi con un conseguente cambiamento a livello digestivo e intestinale, senza contare la coordinazione oculo-manuale richiesta al bebè per portare il cibo alla bocca.. tutte esperienze che ecciteranno parecchio e si ripresenteranno la notte sotto forma di sogni lucidi.

In questa fascia d’età il bambino vive anche la prima “paura dell’estraneo”, e questo rende più difficile adattarsi alle novità o alla separazione dell’adulto di riferimento.

I figli delle altre dormono tutta la notte!

A ogni salto dello sviluppo il sonno del bambino cambia, ma è influenzato anche da altri fattori individuali: il temperamento, le esperienze pre-neonatali, l’ambiente circostante, la relazione con i genitori, le abitudini, le aspettative, lo stile di attaccamento. Non dimentichiamo infine cause legate a fattori organici (reflusso, prematurità, malattie stagionali, dentizione, malattie genetiche).
Un fattore importante è legato all’allattamento: c’è il falso mito per cui un bimbo allattato con la formula dorma tutta la notte, al contrario di uno allattato al seno. Questo non è scientificamente provato e non è consigliabile interrompere un’allattamento ben avviato nella speranza che questo possa influire sui risvegli. Un lattante di notte si sveglierà per nutrirsi, sia esso alimentato con formula o con latte materno. I bambini si autoregolano e i risvegli sono protettivi della loro salute.

Un bambino sano è un bambino che ha dei risvegli notturni e che si riaddormenterà facilmente in seguito all’intervento dell’adulto di riferimento il quale adotterà le strategie che ritiene utili (allattamento, prossimità, succhiotto, rumori bianchi…).

Altri fattori che possono influenzare il sonno dei bambini andando a provocare maggiori risvegli sono: il rientro a lavoro della mamma (quindi la gestione del distacco adulto/bambino), l’inserimento al nido, cambiamenti importanti nella routine familiare, nascita di un fratellino/sorellina, fattori legati alla salute (dentizione, malattie stagionali..).

Tutti i bambini di notte hanno dei risvegli fisiologici, molto probabilmente “quelli che non si svegliano” sono figli di genitori che non li hanno sentiti svegliarsi; esistono quindi bambini che necessitano meno dell’intervento genitoriale per rientrare in un ciclo di sonno, ma si tratta di una caratteristica personale e soggettiva, a volte temporanea, che non possiamo controllare.

Il termine dell’esogestazione: i 9 mesi

Questo è forse il periodo più duro legato al sonno del bambino perché coincide spesso con una serie di fattori su cui si ha poco potere d’intervento.

A 9 mesi un bambino capisce di essere un individuo separato dal corpo della madre, inizia ad esplorare l’ambiente circostante grazie alla capacità di strisciare e gattonare. Questa forte “spinta” di sviluppo emotivo e motorio è spesso accompagnata da una sorta di “disorganizzazione” del comportamento, dove osserveremo irritabilità, difficoltà a lasciarsi andare al sonno, movimenti frequenti anche durante il sonno, paura della separazione e dell’estraneo.

Spesso questa è l’età nella quale la madre riprende a lavorare, e la regressione emotiva che vive il bambino attraversa anche la mamma, che spesso vive sentimenti ambivalenti a causa del rientro a lavoro.

In questo periodo l’utilizzo della routine, quindi di comportamenti e gesti ripetuti quotidianamente, assieme al gioco simbolico e di imitazione, rassicurano il bambino e lo aiutano ad avere fiducia in sé stesso e negli adulti di riferimento: il bambino ha bisogno di sentirsi parte del sistema “famiglia” e desidera partecipare in modo attivo pertanto ricordiamoci di comunicare con lui rendendolo partecipe di ciò che accadrà l’indomani.

Il bimbo grande: tra i 18 e i 24 mesi

A questa età un bambino si sente davvero grande e indipendente, eppure in lui c’è ancora un misto di curiosità e paura che gli fa tendere la mano verso il genitore, sua guida insostituibile.

Inizia ad emergere il temperamento e i genitori si chiedono come agire di fronte ai “capricci” (che sappiamo essere espressioni di un bisogno). La disciplina inizia a diventare un’esigenza sia per il bambino che per i genitori che si troveranno ai limiti della sopportazione.

Di notte i risvegli potrebbero arrivare in concomitanza ad eventi particolarmente stressanti oppure quando il bimbo viene sottoposto a giochi particolarmente eccitanti.

La difficoltà in questo periodo potrebbe essere quella dell’abbandonarsi al sonno e quindi a lasciare le persone amate e le attività piacevoli, dunque è importante che i genitori impongano dei limiti ben precisi e in modo autorevole.

Quasi al traguardo: tra i 2 e i 3 anni

Intorno ai 3 anni un bambino ha una maggiore capacità di regolazione delle proprie emozioni e dei comportamenti, tollera le frustrazioni e le separazioni, è in grado di comunicare verbalmente i propri bisogni.

Il suo sonno si è fatto più regolare e probabilmente a questa età potrebbe aver conquistato l’autonomia finale, ovvero quella di dormire nella propria cameretta. Se ci sono ancora dei risvegli il bambino potrebbe essere in grado di gestirli in autonomia o, a seconda delle variabili individuali, potrebbe ancora necessitare per un periodo dell’intervento genitoriale.

Importanti regressioni sono prevedibili con eventi importanti (nascita fratellino/sorellina, trasloco, inserimento all’infanzia..).

LEGGI I CONSIGLI DELLA NOSTRA GUIDA PEDIATRICA